Che l’evasione fiscale sia un grave ostacolo allo sviluppo economico e civile è un fatto notorio, ma se a sottolinearlo non sono solo i cittadini indignati e oppressi dalla pressione fiscale o il legislatore di turno alle prese con norme e sanzioni ad hoc, bensì i rappresentanti degli imprenditori è un dato che non può passare inosservato. Ed infatti non è passato inosservato, tanto da rimbalzare all’attenzione dei media per giorni, il rapporto stilato dall’ufficio studi di Confindustria sulle stime dell’evasione in Italia e sulle possibili soluzioni per abbattere il sommerso.
Sintetizzato nello slogan “pagare tutti per pagare meno”, il consueto rapporto annuale “Scenari Economici” di viale dell’Astronomia mette in luce dati sconcertanti sull’evasione fiscale nel paese nel 2015, di gran lunga superiori a quelli risultanti dalle ultime stime del Governo: ben 122,2 miliardi di euro (pari al 7,5% del Pil), contro i 91,4 calcolati dall’esecutivo nel Documento di economia e finanza (Def), che penalizzano l’equità, distorcono la concorrenza, violano il patto sociale, peggiorano il rapporto tra cittadini e Stato e riducono la solidarietà. Ma non solo, evidenzia lo studio: basterebbe un dimezzamento di questa somma per recuperare il 3,1% del Pil e creare oltre 335mila occupati aggiuntivi, senza contare la restituzione ai contribuenti “onesti” delle risorse recuperate attraverso l’abbassamento delle aliquote.
Combattere un’evasione fiscale “assolutamente patologica”, ha commentato il patron di Confindustria, Giorgio Squinzi, a margine della presentazione del rapporto, è l’unica ricetta per crescere, altrimenti è inutile ipotizzare obiettivi di ripresa che rimarranno sempre “striminziti sotto o poco sopra l’1%”, muovendosi verso una lenta risalita con “timore di ricadute”.
Si tratta di una prospettiva che “non può darci soddisfazione” e il fattore fiscale è fondamentale per voltare pagina. “Da imprenditore il peggior concorrente è chi non paga le tasse o evita in tutti i modi di pagarle”, ha proseguito Squinzi, sottolineando l’assoluta determinazione di Confindustria nell’operare contro un fenomeno considerato “un grave ostacolo allo sviluppo civile oltre che economico”, quale “passaggio obbligato” per la crescita.
Ma come? Pur plaudendo in parte alle recenti riforme fiscali tese però più a “fare cassa” che non a scoraggiare i comportamenti scorretti, Confindustria offre la sua personale ricetta. Una ricetta che passa da un mix di politiche coerenti e stabili nel tempo. La parola d’ordine deve essere “semplificazione”, ma anche potenziamento delle azioni preventive di contrasto, utilizzo più efficiente delle banche dati e degli strumenti telematici, diffusione dei mezzi di pagamento elettronici e specializzazione del personale dell’amministrazione finanziaria. E, non ultimo, diffusione della cultura fiscale, sensibilizzando le nuove generazioni verso una cultura della comunità, in cui contribuire con le proprie sostanze al benessere collettivo venga finalmente percepito come un fatto normale. “Pagare le tasse – ha chiosato infatti Squinzi – non diventerà mai una cosa bellissima, ma almeno impegniamoci a consegnare al passato questo assurdo gioco dell’oca in cui il trabocchetto è sempre dietro ogni angolo”.
La proposta in 11 punti
• Maggiore cura nel monitoraggio dell’evasione fiscale
• Valutazione sistematica delle misure antievasione
• Trasparenza e nuove regole per gli obiettivi dell’Agenzia delle Entrate
• Cambiare strategia, dal controllo a posteriori all’azione di prevenzione
• Promuovere ed estendere la cooperative compliance
• Incentivare il monitoraggio dell’iva telematica
• Incentivare gli strumenti di pagamento elettronici
• Fare pieno uso dei dati disponibili
• Ripensare il ruolo del Mef nell’interpretazione delle norme
• Specializzare il personale dell’amministrazione finanziaria
• Diffondere la cultura fiscale